martedì 31 marzo 2009

Cari ragazzi

Cari ragazzi,
vivacizzate il blog con i vostri commenti e le vostre creazioni. Leggete e commentate gli scritti dei vostri compagni!

Le Profffffff.

martedì 24 marzo 2009

Autobiografia: La scuola

Elena Gianini Belotti, Pimpì oselì, Milano Feltrinelli 2002

Come ci si comportava a scuola
Gli scolari sono sessanta, come nelle altre classi. Il primo giorno di scuola la maestra ha assegnato i posti nei banchi, in ordine crescente di altezza: nella fila di sinistra le femmine, in quella di destra i maschi… In un angolo sul fondo, contro il muro, c’è il banco degli asini, nell’ultima fila i ripetenti
La signorina maestra passeggia su e giù per la classe e lascia dietro di sé una scia profumata di gelsomino. E’ bella la maestra, agile, snella, si muove di slancio, i polpacci frementi, come se fosse sempre sul punto di spiccare una corsa…
Per giorni e giorni spiega come ci si comporta a scuola: si entra senza far chiasso e con la bocca chiusa, si ripone la cartella sotto il ripiano del banco, ci si siede composti, le mani in prima ben distese e una accanto all’altra e si resta fermi e zitti. Lei sta ritta sulla cattedra, la mano sinistra sullo stomaco, la destra a mezz’aria sulla fronte – si deve sentire volare una mosca, dice – in attesa di dare inizio, con il segno della croce, alla preghiera del mattino.
All’appello si risponde “presente”scattando in piedi e alzando il braccio destro. Tutti confondono la destra con la sinistra, lei si ostina invano ogni giorno a farli esercitare perché arrivino a distinguere un braccio dall’altro. Insegna anche la buona creanza: quando la maestra entra in classe, ci si alza in piedi tutti insieme, si aspetta che ordini: seduti! E si risponde: grazie.(…)
I craponi che vengono a scuola solo per scaldare il banco, fanno scena muta all’interrogazione, si ostinano a parlare in dialetto,prendono insufficiente nei compiti o si addormentano mentre la maestra spiega, vengono esiliati nel banco degli asini. (…) Quando si arrabbia con chi fa chiasso, fa il burattino , parla col compagno di banco, allunga sberle che spellano la faccia – le levate dalle mani,voi, le sberle, grida. Più spesso usa appendere sulle spalle del colpevole un cartello con scritto : “asino” e lo manda in giro per la classe: i compagni sono autorizzati a ridere di lui finché la maestra non dice basta.




Domenico Starnone, Solo se interrogato, Milano Feltrinelli 2002

Autobiografia della vita scolastica

Andare a scuola fu per me innanzitutto un’espulsione subdola e violenta dalle pareti domestiche. Cominciai con qualche sortita in quello che all’epoca si chiamava asilo. Ricordo di quel posto solo il senso di abbandono , il panierino con le scodelle unte e i pianti che mi facevo senza strepiti, senza smanie, immobile, mentre certe bambine senza lacrime mi pettinavano e mi fermavano i capelli con le loro mollette.
Poi passai alle elementari. Il primo giorno di scuola nitidamente anticipato da lunghi preparativi domestici: mia madre mi cucì una cartella di tela grigia; mio padre ci dipinse da un lato un Pinocchio. Ma con quella cartella anomala dovetti apparire così diverso, che l’esperienza del primo giorno delle elementari è sintetizzata, nella memoria, soltanto da un forte desiderio di invisibilità. L’invisibilità più a portata di mano mi dovette sembrare subito il rispetto assoluto delle norme imposte dalla maestra. Infatti dopo le prime punizioni, dovute non al cattivo carattere, ma all’inesperienza, abituai il corpo all’immobilità nel banco, la bocca al silenzio e il cervello a pensare solo ciò che la scuola mi diceva di pensare. Da questo i maestri dedussero che avevo una particolare attitudine allo studio.
Mi convinsi presto che andare a scuola significava vivere annullandosi. Più facevi finta di non esserci, più ti lodavano con nomignoli e diminutivi.
Irreale:
Sono le 6:30 del mattino del 23 febbraio 1996, il tempo è sereno, e un altro bimbo, IO, è venuto al mondo, qui a Napoli.
Io sono il primogenito della mia famiglia , ma sono anche il primo nipote di 2 nonne.
Tutti i miei familiari aspettavano fuori la porta la notizia della mia nascita.
Mia madre aveva 18 anni, e quando si svegliò mi trovò in una culla vicino al suo letto.
Per tutto il giorno mia nonna rimase in ospedale vicino a mia madre per darle una mano, ma anche per vedere quanto ero bello (prima , ora non più).
Lo stesso giorno tutti i miei zii vennero a ’’conoscermi di persona ’’ , ma anche a dare gli auguri a mia madre.
Questo è quanto mi ha raccontato mia madre della mia nascita, ma l’unica cosa che mi sono dimenticato di domandarle è se mio padre mi avesse visto quando sono nato.

Gennaro Puccinelli
Irreale:
la mia vita…

Sono venuta al mondo circa 13 anni fa a Londra. La mia è una delle famiglie più ricche di tutto il Regno Unito.
Strana storia la mia, nessuno si aspettava la mia nascita, è stata una sorpresa, una sommossa in famiglia……… mio padre rimase senza parole dopo che venne a sapere che la moglie,mia madre, aveva messo al mondo un’altra ragazzina buffa e graziosa…. All’inizio era un po’ perplesso su di me, poi quando mi vide gli si sciolse il cuore………
Per le mie 4 sorelle è stato come giocare con le bambole, mi prendevano come un giocattolo e dicevano che ero la loro “piccolina” ormai si erano scocciate delle bambole ..avevano me.
Quando gli anni incominciarono a passare le mie sorelle si allontanarono sempre di più da me perché ero diventata la preferita dei miei genitori e tutto e tutti erano sotto il MIO dominio,,, poi i miei genitori si accorsero del mio carattere insopportabile e odioso e decisero di chiudermi in un manicomio…………. All’età di 10 anni mi rinchiusero in un collegio ad Oxford e da allora non ho saputo più niente dei miei familiari, ho dovuto imparare a cavarmela da sola, sono diventata molto sospettosa, avevo paura del mondo dopo che la mia famiglia mi aveva abbandonato, mi sentivo sola e indifesa, per colpa del mio carattere aggressivo, non avevo amici, non avevo mai provato emozioni, non avevo mai pianto, per me i sentimenti non esistevano.
All’età di 19 anni uscii dal collegio per ritornare a Londra e trovarmi una nuova casa e magari nuovi amici. Non avevo mai visto una vera e propria città perché non ero mai uscita dal collegio, la cosa che mi feriva di più era vedere le famiglie felici:LE ODIAVO!
Ci fu in periodo in cui uscivo solo ed esclusivamente di notte per sballare sul serio e andare a ballare in qualche discoteca per poi trovarmi a dormire su qualche panchina del parco a fianco al “night house”. Vi starete chiedendo sicuramente come facessi a pagare tutte quelle serate che passavo in discoteca … E’ andata così : quando tornai dal viaggio e trovai casa nel centro di Londra un tizio mi urtò con la macchina e mi chiese se volevo che mi pagasse i danni, ma io gli risposi che non c’era problema anche perché non avevo voglia di farmi notare molto,allora lui insistette per farmi visitare la sua discoteca e mi fece un pass per entrare e uscire senza pagare. Diventammo amici e ora per me quella discoteca e tutte le persone che ci lavorano dentro significano molto!!... Ritorniamo a noi: stavamo dicendo delle serate… una sera stavo tornando dalla discoteca senza aver bevuto né aver assunto sostanze, stavo camminando per il parco e all’improvviso mi successe l’inaspettato. un bel tipo mi si avvicina, l’aspetto era quello di un bell’uomo; mi invita ad andare a fare un giro nella sua limusine nera, io accetto senza farmelo ripetere più volte, ero stanchissima avrei dato qualsiasi cosa pur di farmi accompagnare a casa: non avevo soldi stavo a secco.
Entrati nell’auto il tipo disse che si chiamava Raffaele, lo conoscevo di nome, ma non credevo fosse proprio lui, il magnifico Raffaele che tutti conoscevano, lui mi fece varie domande ma io non sapevo cosa rispondere ero imbarazzata e stanchissima per parlare, la sua voce era così dolce e soave che mi addormentai senza che lui se ne accorgesse . Arrivammo a casa e sentii che qualcuno mi aveva preso in braccio ma non ero in me per oppormi, mi poggiò sul letto e la notte passò in un batter d’occhio. Il giorno dopo Raffaele mi portò la colazione a letto: la stanza era magnifica tutta illuminata dalla luce che scorgeva dalle finestre, la stanza era enorme si può dire che la sua stanza era grande quanto tutta casa mia , rimasi stordita da tutte quelle attenzioni ma le sorprese non finirono , lui mi chiese se io volevo sposarlo. Tutto ad un tratto la mia vita mi passò davanti e senza pensarci su gli dissi di si ero contentissima. Qualche mese dopo ci furono le nozze e la mia vita cambiò da così a così !! dalla nostra storia nacquero 3 bambini e finalmente potei avere una famiglia tutta mia.

Alessandra Castiello
REALE
Sono nato 12 anni fa a San Giorgio in un ospedale molto spazioso.
Quando sono nato c’erano molti miei familiari ad aspettare la mia nascita, per lo meno cosi mi hanno detto i miei genitori. Dopo 2 o 3 giorni di ricovero ospedaliero siamo andati a casa a Portici.
Qualche domenica dopo mi hanno portato a casa di mia nonna e mi hanno fatto tutti una gran festa, si sono messi a ridere e giocare.
Dopo un anno ho iniziato a gattonare, la cosa buffa è che mi sono messo a camminare presto e a parlare tardi, a 3 anni, e la prima parola che ho detto è stata “biscotto”.
Un evento divertente per me, ma non per mia madre, fu che a 2 anni stavo iniziando a colorare e ci stavo prendendo gusto allora mia madre mi ha comprato molti pennarelli, pastelli,ecc .Una volta però mi lasciò da solo nella sala da pranzo e disegnai sul muro un treno enorme. Lei si disperò, mentre io ridevo.
A 3 anni mi dovetti trasferire da Portici perché mia madre lavorava a Napoli, era incinta e voleva anche stare più vicina alla famiglia. Che divertimento trasferirsi. Quando mia madre non c’era io e mio padre facevamo un sacco di guai : lavavamo il pavimento a modo nostro, buttavamo un intero secchio d’acqua sul pavimento e dopo pulivamo con la scopa, meno male che mia madre non ci scopriva mai.


INVENTATO
In realtà sono nato nel 1954 e 2 scienziati venuti dal futuro mi hanno trasportato nel tempo fino al 2030. Ero il ragazzo più sfortunato del mondo perché nel 2030 il mondo era governato da un dittatore, una specie di Hitler. Di lui non si conosceva né il vero nome né l’ aspetto, si sapeva che veniva chiamato Ade e si conosceva anche il luogo in cui si riuniva con i sui soldati.
Si faceva chiamare Ade perché si credeva potente come un dio e poi perché uccideva tutte le persone che gli capitavano a tiro: ebrei o cattolici non faceva differenza, risparmiava solo chi si metteva ai sui ordini.
Nel mondo non c’era spazio per persone con libertà di parola o di credenza ma solo per burattini di un uomo immaturo che non si preoccupava della vita degli altri e ammazzava per divertimento. Le uniche persone libere erano quelle che appartenevano ad una specie di società segreta (tipo la Giovane Italia) detta l’Organizzazione. Chi veniva sospettato di farne parte, anche se era solo un parente o un amico di uno di loro, veniva torturato e alla fine ucciso in un modo disumano.
Appena portato in questo tempo mi hanno fatto studiare tutti i particolari del cosiddetto Ade e mi hanno addestrato a mentire e ad uccidere una persona di nascosto.
Ogni giorno pensavo perché io, perché proprio io.

Simone Paesano
Io sono una particella d’acqua , ho due sorelle e vivo in una bottiglia d’acqua Lete. Sono nato il 4 maggio 1998 e ho perso mio zio quando un umano ha bevuto l’acqua .
Ho 10 anni e sono una particella cresciuta, io vado in una scuola che si chiamaCaduti di via Lete . Mia madre si chiama bollicina mentre mio padre si chiama San benedetto ,mia sorella si chiama Prata, io mi chiamo effervescenza, ho molti amici a scuola. Gioco bene ad acquaball e mi piacerebbe giocare nella Ferrarelle per diventare come il mio mito minerale (Maradona) per vincere la bottiglia d’oro e giocare nella nazionale italiana di acquaball. Ho fatto recentemente un corso che si chiama bon in qui visitiamo blog per condividere opinioni sull’ acqua, se è più buona gassata o naturale?
Molti miei parenti sono morti a causa degli umani , mio nonno, mio zio sono morti per gli umani non sanno fare altro che berci.

Mario Verrusio
Reale
La mia nascita …

Era il 06/12/1995 quando verso le 6.30 del pomeriggio, dopo tante ore di travaglio si sentì un piccolo pianto dolce ma inconfondibile!!! Quel pianto era il mio.
Mi chiamo Mariagrazia, ho 13 anni, vivo a Napoli la città in cui sono nata. Ebbene si, la mia nascita è avvenuta nell’ospedale di Napoli il Loreto mare, in via Marina.
Quando nacqui, dissero a mia madre che era appena arrivata al mondo una bimba: dolce, buona e tranquilla…. Queste caratteristiche mia madre non le ha mai più viste in me! Forse non è proprio così o meglio mia madre pensa che io sia dolce, buona e tranquilla… però dice che questi lati del mio carattere li lascio spesso da parte.
La mia nascita era un po’ inaspettata o meglio non credevano di essere pronti, anche se mia madre è sempre stata convinta di essere pronta, suo marito non lo era! Lui diceva di essere giovane e di non volersi rovinare la vita con una cosa accaduta per caso!
Ma nonostante tutto sono una ragazza che ha avuto l’amore più grande e più bello che una persona potesse sperare di ricevere! Perché accanto a me ci sono stati sempre mia madre, mia nonna, i miei zii e le mie zie! E tutti con grande impegno e grande amore hanno saputo trasmettermi grandi e buoni principi di vita!
Verso l’età di 6 anni ho incontrato la persona più buona, generosa,dolce,apprensiva,comprensiva e un po’ testarda! Proprio come me! lui è mio padre, si chiama Rosario,ha 40 anni, ed è un commerciante di mobili! Io e lui abbiamo sempre avuto un feeling, anche quando non sapevo ancora che lui sarebbe stata la persona più importante della mia vita, nei suoi occhi leggevo il mio futuro! Dopo un po’ di tempo incominciai a capire che non sapevo fare a meno di lui! E allora mia madre mi disse che lui sarebbe stato il mio futuro papà! Quando me lo disse sono stata contentissima… finalmente avevo una figura paterna accanto a me… anche se mia madre non mi ha mai fatto mancare niente io sentivo la mancanza di un uomo accanto a me e a mia madre! Da allora sono passati 7 anni e ora dopo tanto tempo finalmente si sposano! Il 30/04/2009 è,sarà e resterà la data più importante della vita di mia madre e quindi della mia! Perché non c’è cosa più bella e soddisfacente che vedere la persona più importante della propria vita, contenta e anche solo per un momento con lo sguardo spensierato!

Mariagrazia Del Prete
Reale:

Inizio col dire che sono nato a Napoli, circa 13 anni fa in un ospedale di cui non ricordo il nome.
Non so precisamente come i miei si siano conosciuti e mai mi è interessato saperlo, o magari è che mi ha sempre annoiato domandarglielo. Ad ogni modo dopo cinque anni dalla nascita di mio fratello nacqui io e sono stato l’ultimo dei figli.
La mia infanzia non me la ricordo proprio bene, ricordo che a due anni ho cambiato casa e sono venuto a vivere nel quartiere in cui vivo tutt’ora. Quand’ero piccolo non mi andava mai di andare
all’asilo e facevo il pazzo per non entrare in classe, non so perché facevo così ma penso che non ci sia niente di strano, per tutti i bambini è così, per quelli che hanno la possibilità di andare all’asilo dico.
Finito l’asilo sono cominciate le elementari e mi ricordo ancora perfettamente il primo giorno di scuola. Mi sedetti accanto ad un bambino grosso e biondo, tipo quelli che si vedono nei film per bambini. Ero molto timido ed infatti lui fu il primo a presentarsi. Ricordo ancora che c’era un bambino, ridardato o come volete chiamarlo voi, che piangeva da pazzi. Essendo piccolo mi impaurii perché sembrava una scena di un film, con un bimbo che perdeva la mamma, anche se non fu quello che realizzai in quel momento.
Le elementari sono probabilmente il periodo in cui si formano le basi del carattere di un bambino, e io le basi ce le avevo forti perché quand’ero piccolo, sette-otto anni intendo, mi sono successe tante di quelle cose che neanche vi sto a raccontare, perché sono quel tipo di cose che uno può solo vivere e non raccontare… anche se ogni tanto fa bene sfogarsi e tutto, ogni tanto fa bene anche tenersi le cose dentro, non dico che non le si deve dire mai, intendo che qualche volta si pensa che nessuno può mai capire quello che provi.


Immaginaria:

Non ho mai creduto alla storia della mamma che rimane incinta inconsapevolmente, anche se ben consapevole di quello che faceva. Vi domanderete perché faccio discorsi del genere ma so che già avete capito il perché, ebbene sì non ho avuto un padre, sono nato dal rapporto di mia madre con un tizio che non conosco e non intendo conoscere, per ora.
Mia madre però quand’ero piccolo non mi ha mai fatto mancare niente, e a me non mancava la figura paterna e lo dico, perché voglio fare il duro, perché preferisco essere duro anziché vittima.
La vita mi ha insegnato già da piccolo che non ci si deve abbattere, anche quando per forza di cose lo si fa. E non è una lezione di vita né niente, credo solo che se la vita deve sbatterti una porta in faccia lo fa senza scrupoli, e quindi senza scrupoli io cerco un’altra porta, forse è difficile e complesso capire la mia “filosofia” di vita, ma sinceramente non mi va di essere capito, ho sempre cercato di essere diverso dagli stereotipi comuni e quindi mi piace essere così come sono, incompreso magari.
Dopo questa lunga parentesi comincio col raccontarvi come è stata la mia vita all’interno della scuola…
Quando nacqui mia madre era minorenne, aveva 15 anni, e io fui sbattuto in un collegio, e lì trascorsi parte della mia infanzia. Lì c’era gente che ne aveva passate di tutti i colori, non solo i bambini orfani ma anche quelli più grandi che si trovavano là dentro. Ricordo un episodio di quando avevo 8 anni o giù di lì, mi misi a parlare con un ragazzo di circa 15 anni, mi raccontò la sua vita e non capivo cosa stava raccontandomi, ma ero quasi stupito, colpito, o addirittura sbalordito, perché lui raccontava quella sua storia con rabbia, disprezzo ma allo stesso tempo con paura, timore ed io mentre parlava mi misi a piangere. Cristo santo. Ricordo perfettamente quella scena e ancora adesso mentre la racconto mi vengono i brividi. Lui provò a consolarmi e tutto il resto ma io non ne volli sapere niente e scappai nella camera in cui dormivo, non so perché lo feci però so che quel ragazzo mi fece proprio tenerezza e quando smisi di piangere uscìi dalla stanza e lo andai a cercare, però non lo trovai. Ancora adesso ho il rimosso di non essermi riuscito a scusare con lui, e so che probabilmente non c’è niente di cui scusarsi ma ancora adesso mi piacerebbe farlo…

Francesco Saturno

lunedì 16 marzo 2009

Autobiografia

Genere letterario: Autobiografia

L'autobiografia è il racconto della propria vita, o per lo meno di quegli eventi che di essa fanno parte e che si ritiene di voler raccontare.
L'autobiografia immaginaria è l’unione di fatti reali e immaginari che possono essere raccontati da un autore in una narrazione in prima persona.

Prima lettura

Roald Dahl : Boy, trad it Ziliotto, Milano, 1992

“Papà e mamma”
Lassù in Norvegia, nell’estate 1911, durante una gita su un piccole battello costiero nell’Oslofjord, mio padre, Harald Dahl, incontrò una giovane, Sofie Magdalene Hesselberg. Essendo un tipo che sapeva riconoscere il buono a prima vista, non passò una settimana che mio padre le si dichiarò, e di lì a poco la sposò.
Herald Dahl condusse la moglie norvegese in viaggio di nozze a Parigi e poi tornò nella casa di Llandaff. I due erano profondamente innamorati e in un’estasi di felicità; nei successivi sei anni lei mise al mondo quattro figli: una bambina, poi un’altra bambina, un maschio (io) e una terza bambina. Ora in famiglia c’erano sei figli, due del primo matrimonio
di mio padre e quattro del secondo. C’era bisogno di una casa più grande e più vasta e il denaro per comprarla non mancava.
Così nel 1918, quando io avevo due anni, ci trasferimmo tutti in un’imponente dimora di campagna vicino al paese di Radyr, a circa dodici chilometri a ovest di Cardyff. La ricordo come un edificio grandioso con delle torrette sul tetto, circondato da maestosi prati e terrazze. C’erano molti ettari di terreno coltivato e di boschi, e tante casette per la servitù
. In breve le stalle furono piene di mucche da latte, i porcili di maiali e il pollaio di galline. C’erano robusti cavalli da tiro per tirare gli aratri e carri da fieno, e c’erano un contadino e un vaccaro e una coppia di giardinieri e ogni tipo di domestici. Nonostante provenisse da una famiglia semplice, di provincia e non particolarmente raffinata, mio padre sviluppò uno straordinario interesse per le cose belle. Appena poté permetterselo, cominciò a riempire la sua casa di bei quadri e mobili eleganti. Inoltre divenne un giardiniere provetto e un collezionista di piante alpine. Mia madre amava raccontarmi come fossero soliti andare tutt’e due in gita sui monti della Norvegia e come lui la facesse morire di paura arrampicandosi con una mano sola su pareti a strapiombo per raggiungere le stelle alpine che crescevano sulle cornici rocciose. Era anche un abile intagliatore: molte cornici dei nostri specchi erano opera sua, e così pure la mensola del caminetto del soggiorno, con uno splendido motivo di frutti e foglie e rami intrecciati, intagliato in legno di quercia.


Seconda lettura
Charles Dickens: David Copperfield, Trad. It. Osti, Roma 2003

“ Nasco”
Se diventerò l’eroe della mia vita, o se questa condizione spetterà a qualcun altro, lo diranno queste pagine. Per cominciare la mia vita dall’inizio, devo dire che sono nato (così almeno mi hanno detto e così credo) di venerdì, a mezzanotte. Fu notato che l’orologio prese a suonare e che, nello stesso momento, io mi misi a piangere.
Considerando il giorno e l’ora della mia nascita, venne dichiarato dalla levatrice e da alcune comari che si erano vivamente interessate a me già qualche mese prima che potessimo conoscerci di persona, che primo, io sarei stato sfortunato; e secondo, che avrei avuto il privilegio di vedere fantasmi e spiriti; ritenevano infatti che entrambi questi doni fossero concessi inevitabilmente a tutti gli sfortunati bambini di entrambi i sessi, nati di venerdì nel cuore della notte.
Circa il primo punto non voglio aggiungere nulla, perché nulla meglio della mia storia dimostrerà se quella predizione si verificò o meno.
Riguardo alla seconda parte della questione, noterò solo che a meno che già da bambino io non abbia ricevuto quella parte dell’eredità, non l’ho ancora avuta. Ma non mi lamento affatto di esserne stato privato; e se in questo momento ne gode un altro, è caldamente incoraggiato a continuare a farlo.
Sono nato a Blunderstone, nel Suffolk, o nei “paraggi”, come dicono in Scozia. E sono nato postumo. Gli occhi di mio padre si erano chiusi alla luce di questo mondo da sei mesi, quando i miei si aprirono per guardarla. Ancora oggi trovo qualcosa di strano nel pensare che non mi abbia mai visto; e qualcosa di ancora più strano nei vaghi ricordi che ho delle mie prime associazioni infantili con la sua lapide bianca nel cimitero, e dell’indefinibile compassione che mi suscitava là fuori sola nella notte buia, mentre il nostro salottino era caldo e illuminato dal fuoco e dalle candele, mentre le porte della nostra casa erano per quella lapide quasi con crudeltà, alle volte pensavo, chiuse.

domenica 15 marzo 2009

Benvenuti


Benvenuti sul vostro blog!!!!!!!!!!!!!!!

Auguriamo buon lavoro a tutti voi e confidiamo nel vostro impegno e nella vostra creatività per rendere vivo ed intelligente questo spazio on line

Le prof